Anniversari: la dialisi compie gli anni
Un medico olandese inventó la “salvezza” per milioni di persone il 4 Aprile del 1943

Il termine dialisi fu introdotto nel 1830 da Thomas Graham, che lo usò per il processo secondo cui una membrana semipermeabile, costituita nel suo caso da uno strato vegetale ricoperto di albumina, lasciava passare liberamente l'acqua trattenendo soluti di maggiori dimensioni, come cristalli o colloidi.
Il principio è sfruttato in medicina per depurare il sangue favorendo l'eliminazione extrarenale di urea o altre sostanze tossiche nei casi in cui la funzione escretrice del rene sia gravemente compromessa.
Questi trattamenti sono la emo-dialisi (effettuata con la tecnica della circolazione extracoporea) e la dialisi-peritoneale (praticata con una metodica di scambi intraddominali) rappresentano oggi, insieme al trapianto di rene, i capisaldi della terapia sostitutiva della funzione renale nella uremia terminale
Il primo tentativo di sfruttare questo processo come intervento terapeutico per la depurazione del sangue nell'uomo fu compiuto nel 1913 da John Jacob Abel, Benjamin Bernard Turner e Leonard George Rowntree, ma il vero padre dell'emodialisi (e degli "organi artificiali" in senso lato) deve essere considerato Willem Johan Kolff.
"Pim" Kolff, nella primavera del 1940 - alla vigilia dell'invasione tedesca dei Paesi Bassi - eseguì alcuni semplici esperimenti con tubi di cellophane per studiare la possibilità di dializzare l'urea presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università di Groningen. Si impegnò in questi studi poichè in precedenza non era stato in grado di aiutare un giovane paziente morto per uremia.
Trasferitosi nella piccola città di Kampen, dove rimase tutta la guerra e con l'aiuto dell'ingegnere Hendiik Berk progettò e costruì il suo rene artificiale utilizzando i materiali di recupero disponibili al momento a causa della carenza di risorse.
Il 4 Aprile del 1943 per la prima volta fece scorrere il sangue di una paziente affetto da nefropatia ostruttiva in un lungo capillare di cellophane avvolto a un cilindro rotante (“rene a tamburo rotante”) e immerso in una soluzione salina.
Otto mesi dopo, all'inizio del 1944 pubblicò l'esperienza sulla rivista "Acta Medica Scandinavica" in un lavoro intitolato "The Artificial Kidney: A diayser with a great area".
Nonostante molti fallimenti circa due anni dopo (11 Settembre 1945) riuscì a salvare una donna (Maria Schafstaat)e dopo sostanziali modifiche apportate da vari autori la metodica, inizialmente riservata unicamente ai casi di insufficienza renale acuta, si diffuse gradualmente in tutto il mondo.
Già nel 1965 un totale di 160 pazienti nefropatici poteva sottoporsi regolarmente alle terapie dialitiche in circa 40 centri europei,
Oggi circa 3 milioni di persone sono state salvate grazie alla dialisi in quasi tutto il mondo, centinaia di migliaia in Italia.