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Concluso il trial HOPE-3: quale trattamento per l'ipertensione lieve?

Concentrarsi sul rischio globale con particolare attenzione a tutti i fattori di rischio, privilegiando le azioni rivolte più al controllo dei comportamenti e degli stili di vita che ad una medicina di intervento

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Image by Antonio Corigliano from Pixabay
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Il ruolo del trattamento farmacologico sulle persone a rischio cardiovascolare intermedio ad oggi resta poco chiaro, a differenza di quanto avviene nei soggetti con ipertensione lieve dove i dati scientifici sembrano orientare in modo univoco su interventi non farmacologici. In particolare, dopo la dimostrazione della Cochrane review (1), non vi è evidenza di alcun provato beneficio della terapia con antiipertensivi in questa coorte. Per la gestione degli ipertesi ad alto rischio sembra tutto ancora più chiaro dopo il trial SPRINT (2) che ha confermato i benefici di un trattamento farmacologico aggressivo di questa popolazione. Pertanto, per capire come gestire il paziente a rischio cardiovascolare intermedio, erano molto attesi i risultati del trial clinico HOPE-3 che sono stati pubblicati nel corso della Sessione Scientifica 2016 dell’American College of Cardiology (3)

L'Heart Outcomes Prevention Evaluation (HOPE-3) è un trial internazionale randomizzato condotto in 21 paesi; tra gli altri Cina, India, Colombia, Argentina e Canada hanno contribuito con il maggior numero di partecipanti. Lo studio comprendeva 12.705 persone (età, >=65 per le donne, e >=55 per gli uomini) senza alcuna nota malattia cardiovascolare e classificati a rischio CV intermedio per il gioco dei seguenti fattori di rischio: circonferenza vita, livello di colesterolo HDL < 39 mg / dl (uomini) o < 50 mg / dl (donne), il fumo corrente o recente, prediabete o diabete controllato dalla sola dieta, malattia coronarica prematura o disfunzione renale precoce in parenti di primo grado. La maggior parte dei partecipanti presentava almeno due fattori di rischio.

In un disegno fattoriale 2 × 2, ciascun partecipante ha ricevuto terapia giornaliera con rosuvastatina 10 mg o placebo, oltre a candesartan/idroclorotiazide (16 mg /12,5 mg) o placebo. Al basale, il livello medio di colesterolo LDL era di 128 mg/dL e la media della pressione sanguigna era 138/82 mm Hg. Durante il follow-up mediano di 5,6 anni, i principali risultati sono stati i seguenti:
  • Rispetto al placebo, la statina ha abbassato mediamente il livello del colesterolo LDL dl 35 mg/dl; i farmaci antipertensivi hanno abbassato mediamente i valori di pressione sistolica/diastolica (PAS/PAD) di 6/3 mmHg.
  • Le morti cardiovascolari, l’ictus non fatale, o l’infarto miocardico non fatale (primo endpoint combinato) si sono verificati significativamente con prevalenza minore nel braccio con rosuvastatina rispetto al placebo (3,7% vs 4,8%);
  • Nel complesso, l’associazione candesartan/idroclorotiazide non ha abbassato significativamente l'incidenza del primo endpoint combinato rispetto al placebo (4,1% vs 4,4%); Tuttavia, una minore minore incidenza di eventi CV ( 4,8% vs 6,5%) si è registrata in un sottogruppo con più alta PAS al basale : > 143 millimetri Hg;
  • I risultati della terapia combinata (rosuvastatina e candesartan/idroclorotiazide) non erano significativamente migliori di quelli ottenuti con la sola statina.
  • Tutte le terapie nei vari bracci di questo studio non hanno ridotto la mortalità per tutte le cause rispetto al placebo.

Nei pazienti a rischio intermedio (rischio CV = 10% a 10 anni), l'analisi dei sottogruppi del braccio antiipertensivo ha suggerito potenziali benefici solo per una PAS > 143 mmHg.
Per il braccio in trattamento per la riduzione del colesterolo, è stato possibile calcolare un NNT=100: ovvero che circa 100 persone devono essere trattate per 5 anni con rosuvastatina 10 mg al giorno per evitare un evento CV.
Inoltre lo studio dimostra che in questa coorte di pazienti i farmaci antipertensivi non hanno dato benefici.
Il dato alimenterà ulteriormente la discussione in corso sulle strategie di cura per questo fattore di rischio - la pressione arteriosa leggermente elevata - ma fornisce un aiuto nel determinare la soglia appropriata per iniziare il trattamento: una PAS > 153mmHg. Valore evidente dai dati relativi al sottogruppo del terzile superiore (PAS media = 153 mm Hg) che ha beneficiato di una riduzione di circa 6 mmHg della pressione arteriosa .

In conclusione lo studio pur presentando alcune criticità, come la durata (i 5 anni rappresentano la metà del periodo di osservazione stabilito dallo score del rischio CV), la non indipendenza e il fatto di non essere risolutivo al fine di stabilire targets o percorsi terapeutici, ha il pregio di coerenza e conferma dei dati della Cochrane revew sulla mild hypertension sopra citati. Soprattutto HOPE-3 orienta il clinico nei confronti della coorte di popolazione a rischio intermedio. In questi casi le decisioni del medico devono concentrarsi sul rischio globale attraverso un’attenzione rivolta a tutti i fattori di rischio con azioni rivolte più al controllo dei comportamenti e degli stili di vita che ad una medicina di intervento, fatto salvo che una PA >= 153 mmHg potrebbe rappresentare la soglia per iniziare un trattamento farmacologico.

BIBLIOGRAFIA
  1. Cochrane review finds no proved benefit in drug treatment for patients with mild hypertension BMJ 2012;345:e5511
  2. The SPRINT Research Group. A Randomized Trial of Intensive versus Standard Blood-Pressure Control N Engl J Med 2015; 373: 2103-2116
  3. Yusuf S et al. for the HOPE-3 Investigators  Cholesterol Lowering in Intermediate-Risk Persons without Cardiovascular Disease  N Engl J Med 2016 April 2, 2016DOI: 10.1056/NEJMoa1600176
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